LE FONTI E LE EMISSIONI DI INQUINANTI ATMOSFERICI

La normativa vigente definisce l’inquinamento come ogni modificazione dell’aria atmosferica, dovuta all’introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell’ambiente, oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell’ambiente. In natura, sono sempre esistite sorgenti naturali d’inquinamento (eruzioni vulcaniche, attività geotermiche, incendi spontanei, eventi di elevata ventosità, risospensione atmosferica e trasporto di materiale particolato naturale da regioni aride) che alterano la composizione e le caratteristiche chimico-fisiche dell’atmosfera. Molti degli inquinanti generati dalle sorgenti antropiche sono gli stessi di quelli prodotti da eventi naturali, ma le caratteristiche morfologiche dei centri urbani, unitamente ai fattori meteoclimatici, ne favoriscono l’accumulo raggiungendo talvolta elevati livelli di concentrazione e innescando la formazione di ulteriori inquinanti mediante trasformazioni chimiche. Gli effetti degli inquinanti sui diversi organismi variano a seconda della concentrazione in aria, del tempo di permanenza e delle loro caratteristiche fisico-chimiche.

Gli inquinanti sono di solito distinti in due gruppi principali: inquinanti di origine antropica e inquinanti naturali. Gli inquinanti atmosferici, possono anche essere classificati in primari cioè liberati nell’ambiente come tali (come ad esempio il biossido di zolfo ed il monossido di azoto) e secondari che si formano successivamente in atmosfera attraverso reazioni chimico-fisiche, come l’ozono. Finora sono stati catalogati circa 3.000 contaminanti dell’aria, prodotti maggiormente dalle attività umane con i vari processi industriali, con l’utilizzo dei mezzi di trasporto o in altre circostanze. Le modalità di produzione e di liberazione dei vari inquinanti sono estremamente varie, allo stesso modo sono moltissime le variabili che possono intervenire nella loro diffusione in atmosfera.

Ozono troposferico nei mesi estivi, PM10 ed NO2 nei mesi invernali, sono gli inquinanti che periodicamente, oramai da diversi anni, salgono alla ribalta delle cronache per le elevate concentrazioni in atmosfera, concentrazioni spesso superiori ai valori limite per la protezione della salute umana.

C’è una caratteristica che accomuna questi tre inquinanti, e che ne rende particolarmente arduo il processo di limitazione delle concentrazioni in aria: sono tutti inquinanti in cui la componente secondaria – quella parte che cioè non proviene direttamente dalle fonti di emissione, ma si forma in atmosfera a seguito di complessi processi chimico-fisici – ne costituisce la parte prevalente. Questo significa che per questi inquinanti le concentrazioni che si misurano nell’aria non sono legate in maniera semplice e diretta alle fonti di emissione, come accade nel caso di altri come biossido di zolfo, piombo, benzene e monossido di carbonio, tanto per fare alcuni esempi importanti per i quali si è avuto successo nel ridurre le concentrazioni in aria. Per questi ultimi infatti è bastato ridurne le quantità emesse dalle diverse fonti per riscontrare una diminuzione delle concentrazioni in atmosfera: l’uso di combustibili a basso tenore di zolfo – o praticamente privi, come nel caso del gas naturale – ha prodotto una riduzione delle concentrazioni in aria di biossido di zolfo; similmente l’eliminazione del piombo e la riduzione di benzene e di aromatici nelle benzine, e l’adozione di processi di combustione più efficienti e in particolare l’uso delle marmitte catalitiche negli autoveicoli, ha ridotto le emissioni e di conseguenza le concentrazioni in aria sia di piombo che di benzene che di monossido di carbonio.